Uomo politico siriano. Membro della setta degli Alawiti, da
cui provengono molti degli elementi di punta del Partito Baath
(V.), percorse le varie tappe della carriera
militare. Come militante del Partito baathista partecipò al colpo di
Stato che, nel 1963, portò il Baath al potere e in seguito al quale fu
nominato comandante in capo dell'Aviazione. Fu tra i protagonisti del nuovo
colpo di forza, promosso nel 1966 dalla sinistra baathista contro i cosiddetti
capi storici del Baath, che portò all'esautorazione di Amin Hafez e pose
al vertice del potere il gruppo Atassi;
A. assunse la carica di ministro
della Difesa, ma conservò pure il comando dell'Aeronautica, avendo
così la possibilità di porre uomini di sua fiducia in posti chiave
all'interno delle Forze armate. Ciò lo mise in una posizione di forza
quando, all'indomani della sconfitta subita nella guerra dei Sei Giorni contro
Israele, cominciarono a manifestarsi gravi contrasti all'interno del Governo e
del Partito. Le accuse di cattiva amministrazione e di eccessiva dipendenza da
Mosca rivolte al gruppo rivale capeggiato da Jedid andarono facendosi sempre
più pesanti, portando a successive crisi di Governo; nel novembre 1970 si
arrivò alla deposizione del presidente Atassi e alla formazione di un
nuovo Governo, presieduto dallo stesso generale
A., affiancato da tre
vicepresidenti. Accanto agli uomini del Baath, furono chiamati a farne parte
anche esponenti del Partito comunista e dell'Unione socialista araba, sulla base
di un programma di larga partecipazione democratica. Eletto segretario generale
del Partito Baath nel 1971,
A. lo riformò profondamente e, nello
stesso anno, diede vita a una federazione con Egitto e Libia, destinata a durare
poco. Nel 1974, dopo la quarta guerra arabo-israeliana, fu il principale
artefice dell'accordo tra Siria e Israele per il ritiro delle truppe dal Golan.
Negli anni seguenti svolse un ruolo di primo piano nella guerra civile libanese
(iniziata nel 1975), mantenendo una posizione di netto rifiuto nei confronti
delle proposte di pace avanzate dall'Egitto al vertice arabo di Tripoli (1978) e
degli accordi di Camp David. Dopo il ritiro dal Libano della Forza
multinazionale di pace (febbraio-marzo 1984), riuscì ad assicurare alla
Siria una posizione dominante nel Paese, che verrà ribaltata dal vertice
della Lega araba del 1989. Rieletto presidente della Siria nel 1985 (si
presentò come candidato unico), affrontò un periodo piuttosto
difficile, anche a causa dell'isolamento internazionale determinato dalle accuse
di organizzare il terrorismo internazionale (Londra ruppe le relazioni
diplomatiche e la CEE approvò varie sanzioni economiche contro la Siria).
Trovatosi ancor più isolato nel 1989, in seguito alla sconfitta dell'Iran
e al disinteresse dell'URSS nella zona,
A. giocò con successo la
carta della clamorosa riappacificazione con l'Egitto, dopo dodici anni di
polemiche. Approfittò poi della crisi del Golfo (1990) per schierarsi
dalla parte degli occidentali e della Lega araba contro Saddam, rompendo
così l'isolamento e ottenendo innumerevoli vantaggi economici e politici;
nell'ottobre del 1990 le milizie del generale Aoun, abbandonate da Iraq e
Israele, furono costrette a cedere e i Siriani, dopo anni di tentativi falliti,
poterono imporre la loro "pace" a tutto il Libano. Nel luglio del 1991
A.
(in dicembre verrà confermato per la quarta volta alla presidenza, in
modo plebiscitario) si presentò come il "nuovo Sadat": si disse pronto ad
accettare una Conferenza sul Medio Oriente e rinunciò alla sempre
richiesta parità strategica con Israele, aprendo in tal modo concrete
speranze di pace. L'appoggio diretto e indiretto della Siria venne considerato
indispensabile a livello internazionale durante i negoziati che portarono
all'accordo di Washington (13 settembre 1993) tra Israeliani e Palestinesi
(Laodicea 1928 – Damasco 2000).